sabato 4 maggio 2019 -------------------- - West Side Story: cos'è che mi commuove nelle fotografie antiche di quell'allestimento del 1957? - Musica per sedie spostate: organizzare un'azione in una sala silenziosa di una biblioteca: una trentina di esecutori muove delle sedie pesanti su un pavimento liscio seguendo una certa partitura (da sviluppare) - oggi ho buttato giù degli appunti che riporto più o meno qui: la sfida (generica) è fare "bene" con quello che si ha, con il compromesso necessario che però non automaticamente esclude la possibilità di una azione radicale: è quello che normalmente si fa proponendo e dando vita ad azioni comunitarie (come questa stessa che stiamo facendo), che sono per natura miste e per questa ragione sono anche divertenti e possono spostare qualcosa. nella sfera del convivere è questo il compromesso, il principio di rispetto del qualsiasi altro, che si deve ricercare e salvaguardare. forse è bene, anzi, che esista e funzioni bene questa specie di mutua regolamentazione in un contesto collettivo: è l'argine alle eventuali derive di sciocchezze che è molto facile perpetrare quando siamo in tanti e sembra tutto più facile e meno soggetto all'applicazione della responsabilità. l'estremo si studia (e se si vuole si ottiene) soltanto in un contesto di solitudine, quando si fanno i conti con la propria elaborazione del mondo e anche con il buio che ci abbiamo dentro e di cui non possiamo mettere a parte nessuna altra persona, nemmeno la più vicina e la più cara. si dettano i propri modi nei propri tempi e si cerca di capire cosa fare con gli altri, al momento della convivenza. questa sfera privata, quasi segreta, in che modo si spezza e getta una luce fuori (o prende luce da fuori)? questo non lo so e potrebbe essere un tema interessante da intaccare. non si può fare a meno di questa o di quell'altra condizione, non se si vuole partecipare, a qualunque titolo, alla manipolazione o anche solo alla osservazione del mondo. una questione che tocca tutti da vicino è anche: i dispositivi di trasmissione, dai più antichi ai più recenti (segnaletica, libro, giornale, radio, tv, computer, smartphone e non so che altro c'è ora) hanno aguzzato sempre di più la cuspide ambigua tra questi due stati, solitudine e convivenza, partecipando attivamente a deformare la percezione che si ha di sé rispetto a essi. per esempio lo spostamento che in questi vent'anni ha portato ad assimilare, quasi a far coincidere, le idee di "software" e di "comunicazione" con i prodotti totalmente criptici di alcune, pochissime, corporazioni (google e facebook le prime, poi giù giù tutte le altre e ringrazia che non si abita in cina) è una questione che si affronta nella pratica confrontandosi con quello che da quasi quarant'anni è il cosiddetto software libero, ed è il motivo per cui mi appassiona (in questa o in un'altra occasione) l'idea di allestire un laboratorio semovente in cui si imparano ad adoperare questi strumenti. kulesko studia a fondo il "pessimismo", lo mette mi pare tra gli oggetti più interessanti. forse ci sarebbe parecchio bisogno di pessimismo propositivo tipo quello di mark fisher: lui alla fine non ce la fa e si ammazza, ma fino a quel momento analizza la situazione (disperata) e si espone con una proposta ogni volta, su ogni sfumatura del discorso, per esempio (realismo capitalista) suggerendo quali potrebbero essere le contromisure di cui si dovrebbe incaricare una politica (realmente) di sinistra. un'altra questione aperta, anche questa legata in modo stretto alla compresenza di solitudine e convivenza, riguarda il tessuto degli adolescenti, o comunque le persone nate dopo l'anno 2000. cosa e in che modo li spinge, da dove, verso dove? ogni tanto ci sono accelerazioni come quella simbolizzata nel discorso pubblico dal gesto della greta thunberg. l'altro giorno siamo stati allo sciopero per il clima che finalmente è avvenuto anche a pistoia e abbiamo osservato per un po' questi adolescenti raccolti (con uno strumento, lo sciopero, di cui significativamente la segretaria della cisl scuola ha voluto ribadire la titolarità in occasione della manifestazione sindacale del primo maggio: il messaggio, secondo me non completamente in buona fede, era: "visto? i ragazzi usano finalmente uno strumento che abbiamo inventato proprio noi"). agiscono da persone preoccupate (nel pubblico, nella piazza) ma sono veramente preoccupate (nel privato, nel cuore della loro stanza) o mimano le loro angosce? chi ha in sorte di "non avere problemi" vorrà veramente, tra qualche anno, cedere una parte del proprio benessere o preferirà mantenersi tutti i privilegi che può? chi ha in sorte di non avere possibilità avrà la forza di prendersi da sé quel benessere legittimo? o sarà che tutti loro e tutti noi ci accontenteremo di essere tenuti a bada dai nostri propri dispositivi di intrattenimento di elezione, tanto la desertificazione arriverà sì rapidamente, ma non così tanto rapidamente per cui vivremo abbastanza per vederla?